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AI, CV e Spettroscopia per la Gestione dei rifiuti – Parte 1

by Simone Renzi / Maggio 19, 2025
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This post is also available in: English (Inglese)

Anche voi trovate noiosa la raccolta differenziata?

Scommetto che è capitato anche a voi: dopo una cena tra amici o un pranzo in famiglia, arriva il momento di sistemare tutto, e improvvisamente la raccolta differenziata è lì che ti attende facendoti perdere tempo. Carta da una parte, plastica dall’altra, vetro e metallo in un altro mastello, umido in quello più piccolo… Un compito che diventa spesso noioso specialmente quando il volume dei rifiuti da dividere cresce notevolmente.

Da qui la domanda… Esiste un modo per rendere tutto questo più semplice, veloce e addirittura automatico? La tecnologia oggi può darci una mano concreta per gestire meglio questa attività quotidiana facendoci risparmiare tempo e fatica?

Come nasce un progetto tecnologico: dall’idea al prodotto finale

In questo periodo, con la grande mole di lavoro che mi ritrovo a gestire, sarà difficile trovare abbastanza tempo da dedicare a questo progetto. Tuttavia, ho deciso che sfrutterò quei pochi momenti liberi che mi restano la sera dopo cena per portarlo avanti e condividerlo con voi passo dopo passo.

Al di là dell’utilità intrinseca di questo progetto, ciò che maggiormente mi interessa, è mostrarvi come, partendo da un’idea iniziale, si arrivi concretamente al prodotto finale. Voglio farvi vedere quali sono le fasi coinvolte nella realizzazione di un progetto che a parole può apparire semplice a prima vista, ma che in realtà è estremamente complesso, perché richiede competenze trasversali ben oltre il semplice sviluppo di codice.

Per completare questo lavoro, infatti, è necessario avere conoscenze approfondite in diversi ambiti: dalla modellazione 3D alla stampa 3D, dalla prototipazione all’elettronica, fino a competenze in fisica, matematica e soprattutto intelligenza artificiale.

In questo articolo (e in quelli che seguiranno) cercherò di guidarvi lungo tutto questo percorso, condividendo con voi le sfide, gli ostacoli e le soluzioni che incontrerò strada facendo. Sarà un modo interessante per scoprire insieme come un’idea innovativa possa trasformarsi in qualcosa di realmente funzionante e la condivideremo con un progetto open-source sul mio canale GitHub.

Valutiamo le prime criticità

Tutti noi facciamo affidamento sui nostri sensi per esplorare e interpretare ciò che ci circonda. Quando riceviamo un oggetto tra le mani, possiamo osservarlo, toccarlo, annusarlo o perfino colpirlo leggermente per ascoltare il suono che produce. A volte arriviamo persino ad assaggiarlo per coglierne il sapore. Possiamo vedere i nostri sensi come le porte che ci permettono di relazionarci con il mondo.

Immaginate di ricevere una bottiglia: vi basterà guardarla o tutt’al più stringerla tra le mani per capire immediatamente se è fatta di vetro o di plastica. Se invece vi dessero un barattolo di pelati, probabilmente notereste il caratteristico colore ferroso, comprendendo così che è realizzato in metallo e se così non fosse potreste stringerla per verificare che resti deformata, perché sapete che il metallo se compresso resta deformato a differenza della plastica che entro certi limiti torna nella sua posizione iniziale.

Tutto questo è possibile grazie all’esperienza cognitiva che abbiamo maturato nel corso della nostra vita.

Ma nel caso di una macchina… Come possiamo trasferire questa capacità di comprensione a una macchina? In che modo può imparare a identificare il materiale di cui è fatto un oggetto?

Emuliamo i sensi

Ci sono diversi approcci…

Uno dei più affascinanti è quello basato sulla Computer Vision, una tecnologia che emula il senso della vista umano.

Questo approccio consiste nell’utilizzare particolari reti neurali artificiali che vengono addestrate a riconoscere vari oggetti, materiali e forme. È esattamente lo stesso principio che permette, ad esempio alle moderne automobili a guida autonoma (senza citare marche famose) di spostarsi con sicurezza sulle nostre strade.

Queste vetture sono dotate di telecamere che analizzano continuamente, centinaia di volte al secondo, tutto ciò che le circonda: strade, segnali stradali, pedoni, altre automobili e potenziali ostacoli. La rete neurale, addestrata accuratamente per mesi o anni, permette al veicolo di identificare ogni oggetto e reagire correttamente: mantenersi all’interno della corsia di marcia, rispettare scrupolosamente i segnali stradali, gli stop, le precedenze, evitare collisioni e calcolare la più sicura via di fuga in caso di pericolo.

Il primo ostacolo: non tutte le reti neurali sono facili da addestrare

Se avete seguito fin qui il discorso, vi sarete sicuramente accorti di un dettaglio importante: poco fa abbiamo parlato di reti neurali addestrate per mesi, se non anni. E qui nasce il primo vero problema del nostro progetto.

La questione infatti non è affatto semplice. Non dobbiamo insegnare a una macchina a riconoscere un pedone, cioè qualcosa che ha una testa, due braccia e due gambe. Qui dobbiamo istruire una rete neurale a capire esattamente di che materiale è fatto un rifiuto. E la difficoltà aumenta se pensiamo che lo stesso prodotto, come ad esempio il latte, può essere confezionato in una bottiglia di plastica per una certa marca, in una bottiglia di vetro per un’altra, oppure in un Tetra Pak per un terza marca ancora.

Se volessimo addestrare una rete neurale a riconoscere con precisione tutti i materiali di confezionamento per ogni singolo alimento presente sul mercato, significherebbe raccogliere e catalogare decine di migliaia, se non centinaia di migliaia di campioni diversi. Occorrerebbe infatti passare in rassegna per più volte ciascuna marca e ciascuna variante di prodotto, generando enormi quantità di dati di addestramento.

È evidente che questa strada non è percorribile in modo pratico e sostenibile. Dobbiamo quindi cercare una soluzione più intelligente, flessibile e scalabile. Una soluzione che consenta alla rete neurale di “generalizzare” tutto ciò che può essere generalizzato, riconoscendo materiali e oggetti sulla base di caratteristiche generali piuttosto che specifiche per ciascun prodotto.

Alcune idee di rinforzo

Sebbene sia difficile per alcuni tipi di rifiuti procedere con l’addestramento di una rete neurale, possiamo comunque sottoporre l’immagine del rifiuto ad una rete neurale già addestrata. Google Cloud Vision ad esempio permette l’analisi delle immagini e nei casi in cui il materiale è visibilmente molto riconoscibile, può assegnare etichette generiche come:

  • plastic
  • glass
  • metal
  • carboard
  • paper

Il problema è che non è affidabile al 100%, non distingue varianti specifiche (Es. Tetra Pak vs. cartone semplice). Non legge materiali dalla texture o dal suono (cosa che farebbe un essere umano manipolando il prodotto).

C’è però una soluzione alternativa realistica. Un approccio più affidabile potrebbe essere quello di utilizzare Cloud Vision OCR per leggere il testo sull’etichetta del prodotto per poi cercare online le informazioni sul materiale (Bottiglia in PET, Packaging in Tetra Pak).

Cominciamo a schematizzare

Per evitare il rischio di dimenticare alcune cose cominciamo a buttar giù una mappa delle idee ed uno schema funzionale in modo da poterlo modificare man mano che andiamo avanti nel progetto.

Se questa soluzione non restituisce un risultato sicuro?

È possibile che nonostante tutti gli sforzi non venga comunque restituito un risultato sicuro e definitivo. Come ci comportiamo?

  1. Possiamo mettere il prodotto in uno stato di verifica manuale (soluzione che non mi piace particolarmente)
  2. Possiamo classificare il rifiuto come indifferenziato (anche questa soluzione non è particolarmente eco-friendly)
  3. Possiamo cercare altri modi per comprendere il materiale del prodotto.

Concentriamoci sulla terza soluzione.

Quali altre possibilità ci sono per identificare un materiale?

Un sistema sicuro, veloce e in tempo reale per identificare un materiale è certamente la spettroscopia, in particolare lo spettroscopio Raman. Questa rappresenta una delle tecniche più affidabili e precise per identificare il materiale, in particolare la composizione chimica di un oggetto, anche in forma solida, liquida o polimerica.

La spettroscopia Raman si basa sull’interazione di una luce laser con una particolare frequenza, con le vibrazioni molecolari del materiale. Quando il laser colpisce un campione, una piccola parte della luce viene diffusa in modo anomalo (effetto Raman), e questo spettro diffuso è caratteristico della struttura molecolare del materiale.

Cosa può identificare uno spettroscopio Raman?

Può identificare con successo Plastica, Vetro, Carta, Composti organici e inorganici e addirittura il Tetra Pak. Non può però identificare i metalli perché i metalli riflettono la luce e non hanno pertanto segnali Raman. Questo può non essere un problema perché per esclusione, se un materiale non è tra quelli elencati è sicuramente in metallo.

Ci sono però delle difficoltà anche qui… Uno spettroscopio Raman può costare, a seconda della qualità, da qualche migliaio di euro a decine di migliaia di euro. A questo però c’è una soluzione… Costruirci un nostro spettroscopio di Raman. Vedremo questa parte in seguito in una serie di articoli dedicati.

Aggiorniamo pertanto i nostri schemi…

Sembrerebbe che in questo modo abbiamo correttamente gestito la logica applicativa del sistema. Abbiamo compreso per sommi capi come dobbiamo muoverci.

C’è ora tutta la parte di trasporto e divisione dei rifiuti che andremo a trattare nel prossimo articolo.

Simone Renzi
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