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Smart working: sì o no?

by Simone Renzi / Agosto 16, 2022
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Vorrei iniziare questo articolo precisando che al di là di dati ISTAT e di Randstad Research farò alcune considerazioni soggettive su ciò che penso realmente sullo Smart working e sulla situazione Italiana di questa modalità di lavoro da remoto. So già che molti si troveranno d’accordo, molti altri in totale disaccordo. Sarà un articolo crudo totalmente avverso alla cultura del “radical chic” che tanto va di moda e al latente populismo, ma ogni tanto è il caso di dire le cose come stanno.

I dati di fatto

Leggendo un articolo sul Corriere della Sera intitolato “Smart working, in Italia rallenta mentre in Ue aumenta: ecco perché”, venivano riportati i dati relativi al numero di lavoratori in Smart working in Italia e nel resto d’Europa.

Nel post pandemia sono in smart working solo 2,9 milioni di lavoratori rispetto ai potenziali 8 milioni di lavoratori che svolgono mansioni che potrebbero essere svolte in remoto, ovvero il 37% circa. Il numero è in calo: come meravigliarsi dico io?

La pandemia da Covid ha rappresentato una sorta di “banco prova” per questa modalità lavorativa dettata da una semplice esigenza aziendale: “piuttosto di chiudere l’azienda preferisco continuare a lavorare mettendo le persone in condizione di poter lavorare da casa”. Naturalmente la modalità dello smart working non può applicarsi a tutti i settori lavorativi. Immaginate il settore ristorativo. Di certo un cameriere non può lavorare da casa. Molti altri settori però, come ad esempio gli uffici, potrebbero tranquillamente lavorare da qualsiasi parte del mondo se il tema è quello del disbrigo di pratiche, dello sviluppo di software o di altre attività indipendenti dal presentarsi in una sede.

Se l’Italia sta facendo passi indietro è perché probabilmente qualcosa non ha funzionato sul banco prova, e chiedendoci “cosa” può non aver funzionato correttamente mi vengono in mente alcune ragioni di tipo geografico, altre di tipo organizzativo e altre che invece vanno a sposarsi con dati riguardanti il Digital Divide. In un articolo di Openpolis è visibile un grafico riportante la percentuale di famiglie coperte dal servizio internet per ogni regione delle nazioni d’Europa. L’Italia, specie al centro-sud è tra le ultime vicino alla Romania e alla Grecia.  Questo potrebbe essere già un indicatore, ma credo che la motivazione non debba essere ricercata qui, perché probabilmente un’azienda che propone ai dipendenti di lavorare in smart working lo fa conscia che i propri dipendenti possiedono una connessione ad internet o che, chi non la possiede, colga l’occasione del risparmio sulle spese di viaggio, per investire su una connessione internet anche mobile. No… Ritengo che il problema vero debba essere ricercato in altro…

Quali possono essere i fattori?

La produttività

Un imprenditore che torna sui suoi passi e decide di far rientrare i lavoratori in ufficio lo fa perché si è accorto che l’opportunità del lavoro in smart working non è stata colta dai dipendenti. Lo fa perché si è accorto che lavorando in smart working non venivano rispettati gli orari di lavoro, oppure non si riusciva a fare i numeri che venivano fatti con la presenza in azienda. La colpa di chi è? Questa volta va detto: del lavoratore. Perché se un lavoratore non riesce a cogliere i vantaggi del lavoro smart dove non deve più spendere mediamente 200 euro al mese di carburante per recarsi al lavoro con conseguente tutela dell’ecosistema (soldi che gli restano in tasca), dove la mattina può dormire mediamente dalla mezz’ora all’ora in più, e dove non deve più affrontare il traffico di ritorno a casa dal lavoro, allora è bene tornare sui propri passi.

Quali altri potrebbero essere i motivi?
Un imprenditore deve pensare alla produttività aziendale, e solo un cretino tornerebbe indietro osservando un aumento di produttività con la modalità in smart!

Ma può essere solo colpa del dipendente? In parte potrebbe essere anche colpa dell’imprenditore!

Mancanza di strumenti per il monitoraggio

Se il problema è la produttività si potrebbe risolvere con un po’ di controllo… Spesso però gli imprenditori non sono informati sulle tecnologie spendibili per facilitare lo smart working e su come queste tecnologie possano aiutare a verificare in tempo reale il rendimento dei propri dipendenti. Non si può improvvisare lo smart working. È un terreno che dev’essere preparato attentamente per renderlo effettivamente produttivo; perché è bene sottolinearlo, lo smart working se fatto nel modo giusto può far produrre molto di più all’azienda!

Politica e burocrazia dietro lo smart working

L’Italia è un Paese eccessivamente regolamentato. In quasi nessun altro Paese d’Europa esiste un sistema legislativo uguale a quello Italiano. In questo articolo di “Truenumb3rs” si evince come da 20esimi siamo passati a terz’ultimi nella classifica OCSE.

La colpa è della Politica? Senz’altro, ma ritengo che sia in realtà una responsabilità promiscua: in parte della Politica, in parte degli italiani. Le leggi vengono fatte quando si verifica l’esigenza di regolamentare, e l’esigenza si pone all’atto in cui qualcuno compie azioni improvvide in un terreno ancora non regolamentato, ergo, a quel punto dev’essere regolamentato.

Ci vorrebbe un po’ di buon senso

Mi viene come esempio quello dei droni un tempo non regolamentati, oggi eccessivamente regolamentati.
Quando uscirono i primi droni, non c’erano vincoli di utilizzo, chiunque poteva acquistare un drone commerciale dal peso di 2,5Kg e iniziare a volare. Il buonsenso dovrebbe dire alle persone che un drone che vola a 300mt di altezza se per qualsiasi motivo, dovuto ad esempio ad un guasto, dovesse cadere in testa ad una persona potrebbe ucciderla. Pertanto se i droni vengono fatti volare stupidamente ad alta quota nei centri storici delle più grandi metropoli italiane è chiaro che il governo debba mettere sul tavolo delle regolamentazioni e delle sanzioni per chi non le rispetta. Fu così che dalle prime violazioni delle norme del buon senso si è passati a una regolamentazione sull’utilizzo dei droni che prevede lo svolgimento di corsi ed esami per l’acquisizione di una patente per la guida di Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR), assicurazioni sul drone e nei casi di operazioni critiche richieste di permessi di volo all’ENAC.

Per ciò che concerne lo Smart Working il discorso è analogo, tanto è vero che a partire da Settembre verranno create nuove norme da applicare ai contratti per lo Smart Working. Questo rappresenta un ulteriore freno a mano per lo sviluppo di questa modalità di lavoro.

Le proteste

Gli italiani inoltre mostrano comportamenti veramente strani, anzi, oserei dire paradossali. Migliaia di persone che si versano nelle piazze per una squadra di calcio ma che restano totalmente indifferenti davanti a leggi che vanno a modificare e segnare profondamente il loro stile di vita. Ci sarebbe tanto da riflettere anche qui.

Questo comportamento non si vede in altri paesi come ad esempio in Francia dove a scendere in piazza sono sempre i lavoratori. Che sia dunque questa una mancanza di organizzazione o d’intento?

Anche la geografia non ci aiuta

L’Italia è chiamato il “bel Paese”, abbiamo una geografia unica al mondo che non induce i cittadini a concentrarsi unicamente sul lavoro. Abbiamo centinaia di migliaia di attrattive, siamo totalmente circondati dal mare, abbiamo forse la migliore cucina al mondo, un eccellente clima mitigato dal “mare buono”, siamo geograficamente come un bambino nella culla. Viviamo in un ecosistema che fornisce molte distrazioni rispetto ad un paese in cui non c’è modo migliore di “ammazzare il tempo” lavorando.

Grado culturale

Ricordiamoci che l’Italia rappresentava “la culla della Cultura”. È oggettivo un declino totale, dimostrabile attraverso la chiusura dei teatri, la chiusura delle orchestre, gli scarsi investimenti sulle università e la ricerca e, in generale, la “scomparsa del bello”. Un Paese dove il livello culturale scende vertiginosamente è un Paese sempre più schiavo del sistema, incapace di comprendere e d’intendere, e dunque rappresentato da persone che necessitano di leader a cui affidarsi che creano leggi a loro difficili da comprendere.

Il buon senso spesso nasce proprio dalla cultura…

Lo smart working potrebbe essere una soluzione a tantissimi problemi relativi all’inquinamento, alla qualità della vita dell’individuo che vedrà sempre più sfumarsi in Italia per colpa, diciamolo, per lo più degli italiani stessi, che non sono stati capaci di applicare le norme del buon senso neanche in un contesto che gli viene totalmente a favore…

Simone Renzi

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