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I progetti che ci piacciono

by Simone Renzi / Giugno 4, 2025
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Per un nostro cliente stiamo sviluppando un dispositivo da installare all’interno di celle frigorifere e camion refrigerati, con il compito di monitorare costantemente temperatura e umidità per garantire il mantenimento della catena del freddo.

Un progetto che, sulla carta, potrebbe sembrare piuttosto semplice: un microcontrollore, un sensore per rilevare temperatura e umidità, è uno script Python che invia i dati al cloud a intervalli regolari.
Perfetto no? No proprio! Se lo realizzassimo così, avrebbe vita molto breve. Come si suol dire… Durerebbe “da Natale a Santo Stefano”.

Perché? Il motivo è presto detto: elettronica ed umidità non sono mai andate d’accordo e nelle celle frigorifere industriali le temperature possono facilmente scendere sotto i -20°C. Un bel freddino insomma…

Soluzioni di primo impatto?

La prima azione concreta è stata quella di cercare sul mercato componenti hardware pensati espressamente per ambienti ostili, in grado di operare in un range termico particolarmente esteso.

Una delle opzioni più interessanti è il Compute Module 4 in versione Extended Temperature, recentemente introdotto dalla Raspberry Foundation. Questo modulo è certificato per funzionare in un intervallo che va da -40°C fino a +85°C.
Al superamento della soglia superiore, entra in funzione un meccanismo automatico di riduzione del clock, utile per contenere l’innalzamento termico e mantenere il sistema stabile, sacrificando però la velocità di elaborazione.

Problema già risolto dunque?

In parte si, abbiamo affrontato e risolto il tema della temperatura, ma quello dell’umidità resta ancora aperto. Per proteggere l’elettronica in modo efficace da condensa, infiltrazioni e agenti esterni, serve un accorgimento in più.

La soluzione adottata consiste nell’immergere l’intera circuiteria in un gel isolante elettrico, più precisamente un gel poliuretanico bicomponente a bassa viscosità, concepito per sigillare e proteggere scatole di derivazione, connettori e PCB da acqua, umidità, polveri e altri fattori ambientali critici.

A prima vista sembra una soluzione definitiva: basta acquistare il giusto bicomponente, applicarlo e il problema dell’umidità sembrerebbe risolto.
Ma anche qui, la realtà è ben diversa…

Risolto un problema se ne ripresenta un altro

Nel momento in cui abbiamo risolto il problema dell’umidità, si è ripresentato sotto nuova veste quello della gestione termica.

Già, perché il gel isolante, oltre a schermare dall’umidità è anche un ottimo isolante termico. Questo significa che, una volta immersa l’elettronica nel gel, lo scambio di calore con l’esterno diventa estremamente inefficiente.

Anche se il dispositivo si trova in un ambiente a -20°C, la temperatura della CPU tende comunque a salire rapidamente, perché il calore generato non riesce a dissiparsi in modo efficace.

Per evitare che il sistema vada incontro a surriscaldamento e throttling termico, è necessario introdurre un ulteriore elemento ingegneristico.

Il dissipatore passivo

Per risolvere in modo efficace il problema della dissipazione termica all’interno del gel isolante, è necessario integrare un dissipatore passivo progettato ad hoc.

Questo dissipatore deve essere montato direttamente a contatto con il SoC, accoppiato mediante pasta termoconduttiva per garantire una trasmissione ottimale del calore; parzialmente immerso nel gel, ma con una superficie a diretto contatto con l’ambiente esterno, in modo da favorire la cessione del calore all’aria fredda della cella frigorifera.

Questa soluzione ci consente di trasferire il calore generato dal SoC verso l’esterno, aggirando l’effetto isolante del gel. Ma prima di procedere è fondamentale porsi alcune domande ingegneristiche chiave, indispensabili per dimensionare correttamente il sistema:

  • A quale temperatura desideriamo mantenere il SoC durante il funzionamento? L’obiettivo è evitare sia la formazione di condensa (che si verifica a temperature troppo basse), sia il superamento della soglia critica di 85°C, che attiverebbe il thermal throttling.
  • Quale deve essere la superficie di contatto tra dissipatore e CPU per garantire un trasferimento di calore efficace senza scendere eccessivamente di temperatura? Questo valore dipende dalla potenza termica generata, dal materiale utilizzato per il dissipatore e dalla differenza di temperatura tra SoC e ambiente esterno.
  • Quanta potenza dissipa effettivamente il SoC di un Compute Module 4 in condizioni di pieno carico? In base ai nostri test, la dissipazione termica a pieno regime è di circa 6 watt. Questo dato è fondamentale per calcolare correttamente la superficie del dissipatore necessaria per mantenere il sistema entro i limiti termici desiderati.

Solo dopo aver risposto con precisione a queste domande è possibile passare alla fase successiva: il calcolo termico vero e proprio, che ci permetterà di dimensionare correttamente l’interfaccia dissipante e di garantire la stabilità del dispositivo anche in condizioni ambientali estreme.

Dimensionamento della superficie a contatto col SoC

Sebbene il Compute Module 4 Extended Temperature (CM4ET) sia certificato per operare in un range che arriva fino a -40 °C, è opportuno evitare che il die lavori a temperature eccessivamente basse durante il pieno carico, per scongiurare il rischio di formazione di condensa nelle immediate vicinanze dell’elettronica.

Quando il CM4ET è sotto pieno carico, dissipa approssimativamente 6 watt di potenza termica. Questo calore deve essere trasferito dal die del SoC all’ambiente esterno, ovvero l’aria fredda della cella frigorifera.

Ma attenzione: anche qui serve equilibrio.

  • Se il dissipatore è troppo efficiente, c’è il rischio che il die scenda sotto i -20 °C, cosa da evitare per evitare fenomeni di condensazione localizzata.
  • Se invece il dissipatore è insufficiente, ovvero il calore prodotto dalla CPU è superiore a quello che il dissipatore riesce a smaltire, la temperatura salirà progressivamente fino a raggiungere gli 85 °C, soglia oltre la quale entra in gioco il thermal throttling.

L’obiettivo è quindi mantenere il SoC in un range termico sicuro e stabile. Una temperatura target di circa -5 °C è ragionevole, considerando che l’ambiente esterno può arrivare fino a -22 °C.

Per ottenere questo equilibrio, dobbiamo dimensionare correttamente la superficie di contatto del dissipatore. L’analisi si basa sulla conduzione stazionaria del calore, modellata dalla seguente equazione:

Q = \frac{k \cdot A \cdot \Delta T}{L}

dove:

  • Q è la potenza termica trasferita (in watt),
  • k è la conducibilità termica del materiale (in W/m·K),
  • A è l’area della sezione trasversale (in m²),
  • L è lo spessore del materiale (in m),
  • \Delta T è la differenza di temperatura tra i due lati (in K).

Risolvendo l’equazione per l’area A:

A = \frac{P \cdot L}{k \cdot \Delta T}

Questa formula ci consente di calcolare l’area minima necessaria affinché, dissipando la potenza P, la differenza di temperatura tra il die e l’ambiente sia pari a \Delta T.

Inserendo i valori noti:

  • P = 6\,W
  • L = 0{,}00675\,m
  • k = 205\,W/m·K (conducibilità dell’alluminio puro)
  • \Delta T = 17\,K (cioè da -5 °C a -22 °C)

otteniamo:

A = \frac{6 \cdot 0{,}00675}{205 \cdot 17} = 1{,}162 \cdot 10^{-5}\,\text{m}^2 = \mathbf{11{,}62\,mm^2}

Questa è la superficie minima teorica del dissipatore a contatto diretto con il SoC necessaria per mantenere la temperatura nei limiti desiderati.

Naturalmente, questo valore è ideale e calcolato in condizioni perfettamente statiche; nella pratica, è consigliabile considerare un margine di sicurezza, sia per tolleranze meccaniche sia per l’effetto di strati intermedi (come il gel isolante o le interfacce in plastica).

Realizzazione del modello 3D del dissipatore

Per motivi legati a vincoli contrattuali con il cliente, non è possibile mostrare immagini o schemi del progetto. Tuttavia, posso fornire alcune informazioni utili sul dimensionamento finale.

Alla fine del processo di modellazione e produzione, la superficie di contatto utile del dissipatore è risultata pari a circa 13 mm². Un valore leggermente superiore rispetto al minimo teorico calcolato, docuto a limitazioni meccaniche legate alla realizzazione CNC.

Questa superficie rientra comunque in un margine accettabile, sufficiente per evitare che la temperatura del SoC scenda troppo sotto i valori desiderati, prevenendo così la formazione di condensa.

Per ottimizzare ulteriormente il trasferimento termico, il dissipato è stato posizionato nella parte inferiore del contenitore, con la maggior parte della sua superficie al di sotto della plastica dell’enclosure. In pratica, solo una piccola parte è a contatto diretto con l’aria fredda della cella frigorifera essendo separato da essa da uno strato di plastica da 2 mm.

Va sempre ricordato poi che esiste una differenza sostanziale tra calcoli teorici e comportamento reale in esercizio: i primi servono a dare una base progettuale solida, ma è solo con la sperimentazione diretta che si verifica l’effettiva affidabilità della soluzione. Nel nostro caso, entro i margini previsti, la progettazione si è dimostrata efficace.

Test

Per validare il progetto ho effettuato un test sperimentale casalingo, inserendo l’intero dispositivo all’interno del congelatore domestico, impostato alla temperatura più bassa disponibile. Purtroppo non è stato possibile raggiungere i -22°C delle celle industriali ma solo i -17°C, ma la prova ha comunque fornito dati molto utili per valutare il comportamento termico in condizioni reali.

Il testo è stato strutturato su una durata di 60 minuti, con campionamento ogni secondo e dopo la stabilizzazione in idle.
Durante il test abbiamo monitorato:

  • La temperatura del SoC
  • La temperatura interna all’enclosure tramite un sensore I2C
  • La temperatura sulla superficie esterna del dissipatore, misurata tramite una termocoppia posizionata tra il dissipatore stesso e la plastica dell’enclosure.

Dopo circa 30 minuti, tutte le temperature si erano già stabilizzate.

In fase di idle, la temperatura massima della CPU ha raggiunto i 12,5°C. A questo punto, una volta constatata la stabilizzazione, ho avviato lo stress test e fatto partire il cronometro per i successivi 60 minuti.

Al termine del test sotto carico, i valori rilevati sono stati i seguenti:

  • Temperatura massima della CPU: 38,7°C
  • Temperatura interna all’enclosure: -1.3°C
  • Temperatura sulla superficie esterna dello scambiatore: -11,4°C

Conclusione

I dati ottenuti confermano che la CPU lavora entro un range termico sicuro, la temperatura operativa non scende sotto i livelli critici per la condensa, l’elettronica risulta protetta anche in condizioni ambientali estreme, il sistema si dimostra stabile e bilanciato con un’efficace gestione passiva della dissipazione termica. La configurazione scelta è quindi idonea per un funzionamento continuativo, anche in ambienti refrigerati spinti, senza rischio di guasti, condensazione o throttling termico.

Questi sono i progetti che ci appassionano davvero. Quelli che ti costringono a ragionare, a metterti alla prova, a cercare soluzioni fuori dagli schemi. Progetti che non si risolvono con una libreria importata o un sensore standard, ma che richiedono ingegno, sperimentazione e multidisciplinarità che spazia tra elettronica, fisica, termodinamica e progettazione meccanica.

Sono proprio queste sfide a lasciarti, ogni volta, con un bagaglio tecnico e culturale più ricco, che finisce per tornarti utile nei contesti più inaspettati.
E alla fine, quando tutto funziona come deve, la soddisfazione è doppia!

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